Umberto II di Savoia (Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria di Savoia ; Racconigi , 15 settembre 1904 – Ginevra , 18 marzo 1983 ) è stato Principe di Piemonte dal 1904 al 1946, Luogotenente generale del Regno d'Italia dal 5 giugno 1944 al 9 maggio 1946 e ultimo Re d'Italia dal 9 maggio al 18 giugno 1946[3] .
Dopo il risultato del referendum istituzionale del 2 giugno , il 13 giugno il Consiglio dei ministri trasferì, con un atto definito dal re "rivoluzionario", le funzioni accessorie di capo provvisorio dello Stato al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi . In quello stesso giorno, Umberto si recò in volontario esilio in Portogallo , non facendo mai più ritorno in Italia.[4]
A causa della brevissima durata del suo regno, poco più di un mese, venne soprannominato Re di maggio .[5]
Umberto II era figlio di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro e aveva quattro sorelle: Iolanda , Mafalda , Giovanna e Maria Francesca . Nacque nel castello di Racconigi alle 23:15 del 15 settembre 1904 e alla nascita pesava 4 chili e 550 grammi[6] . Vittorio Emanuele III telegrafò immediatamente dopo, nell'ordine, alla palazzina di caccia di Stupinigi , dove si trovava la madre, Margherita di Savoia : «Mamma, abbiamo avuto un figlio. Lo chiameremo Umberto», al sindaco di Roma e al presidente del Consiglio Giovanni Giolitti , comunicando che avrebbe devoluto un milione di lire alla Cassa nazionale di previdenza per l'invalidità e la vecchiaia degli operai . Quel giorno stesso la Camere del Lavoro di Milano aveva accolto la proposta di sciopero generale , il primo in Italia, che sarebbe durato altri cinque giorni. Per comodità fu dichiarato il giorno 15 e da allora rimane su tutti i documenti come data di nascita il 15 settembre.
A causa di questo sciopero, l'avvenimento divenne di dominio pubblico in modo defilato, poiché il 16 settembre solo il Corriere della Sera poté andare in stampa, e contrastato: a Milano gli scioperanti costrinsero il sindaco Barinetti a togliere la bandiera dal balcone del municipio[7] e Giolitti, già impegnato a Roma col governo nel varare misure atte a risanare la pace sociale e politica, impiegò alcuni giorni ad arrivare, in veste di notaio della corona , a Racconigi , per stendere l'atto di nascita. Il bambino, battezzato la sera del 16 coi nomi di Umberto Nicola Tommaso Giovanni Maria[8] , il 20 settembre venne infine regolarmente registrato, con atto firmato dal presidente del consiglio, controfirmato da Giuseppe Saracco , presidente del Senato, come ufficiale di stato civile, e da Vittorio Emanuele III e presenti come testimoni Costantino Nigra e Giuseppe Biancheri , presidente della camera.
Il 29 settembre veniva concesso con regio decreto (pubblicato il 18 ottobre) all'erede il tradizionale titolo nobiliare di Principe di Piemonte : il re era più propenso a "principe di Roma", ma la regina madre Margherita lo convinse a evitare un gesto che sarebbe stato recepito come ostile dal Vaticano , a cui bisognava chiedere il permesso per il battesimo ufficiale del bambino ancora da celebrare, gravando tuttora sui Savoia la scomunica inferta dopo la breccia di Porta Pia . Infatti, da tradizione, per i principi, al fine di venire incontro a ovvie richieste protocollari, si dava appena nati il battesimo con acqua e l'imposizione delle mani e in un secondo tempo, organizzata la cerimonia e giunti dall'estero i membri delle altre case regnanti, si procedeva con gli esorcismi, il sale, l'olio, il cero e la veste candida.
Il battesimo del principe di Piemonte in una stampa dell'epocaIl battesimo ufficiale si ebbe solo tre mesi dopo, il 4 dicembre 1904, nella cappella paolina del palazzo del Quirinale , i cui altari erano dal 1870 sconsacrati per volontà di Pio IX , e fu celebrato con dispensa speciale da monsignor Giuseppe Beccaria: nessun membro dell'alto clero celebrava, ma la concessione per la prima volta del Quirinale per una cerimonia di casa Savoia venne ugualmente considerata un gesto di distensione da parte di Pio X . Padrini furono Guglielmo II di Germania , rappresentato dal fratello Enrico di Prussia , ed Edoardo VII del Regno Unito , rappresentato dal fratello duca di Connaught Arturo di Sassonia-Coburgo-Gotha ; presenti esponenti di tutte le case reali europee, a partire da quelle più strettamente legate per vincoli familiari, quali Nicola I del Montenegro con la moglie Milena , Napoleone Vittorio Bonaparte , figlio di Maria Clotilde di Savoia , il duca di Oporto , figlio della regina di Portogallo Maria Pia .
La nascita di Umberto sollevava i genitori dal timore che la dinastia si estinguesse, lasciando il trono al ramo collaterale dei Savoia-Aosta : se Umberto I aveva avuto un unico figlio maschio (Vittorio Emanuele III ), suo fratello Amedeo ne aveva avuti quattro, il primogenito dei quali, fino ad allora erede presuntivo al trono, Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta , era già padre di due figli ed era diviso dal cugino sovrano da una non velata rivalità. Agli albori della civiltà della comunicazione di massa, Vittorio Emanuele III, alto poco più di un metro e cinquanta, né bello né "affascinante" e dedito a una vita schiva e "borghese" (come molti gli rimproveravano), era oggettivamente sminuito nel confronto con i cugini Savoia-Aosta, tutti alti, belli, muscolosi per la vita attiva e all'aria aperta che conducevano[9] e dalla brillante vita sociale[10] .
Il Quirinale impiegò l'immagine del piccolo erede al trono e le sue foto a tre anni vestito alla marinara, da piccolo corazziere, con l'uniforme storica della scuola militare Nunziatella e con l'uniforme da boy scout del Corpo nazionale dei giovani esploratori italiani , assieme alle sorelle nel parco della villa di san Rossore vennero fatte pubblicare sulla rivista L'Illustrazione Italiana o come cartoline, rendendo Umberto il nuovo simbolo di Casa Savoia [11] . Abitavano nella palazzina del segretario della cifra , detta anche palazzina del Fuga , al Palazzo del Quirinale , alla fine della cosiddetta "manica lunga": la regina e i figli al primo piano, il re al secondo. In estate soggiornavano prima a San Rossore e poi, dopo la chiusura estiva di Camera e Senato, a Racconigi , luogo cui il sovrano resterà sempre molto legato, sia per la relativa libertà di cui godeva sia per "le spedizioni e le corse nel parco e le scoperte delle soffitte, dove si conservavano abiti e cimeli antichi"[12] .
Nei suoi primi anni di vita l'educazione venne lasciata in mano alla madre, donna di gusti estremamente semplici e casalinghi, dolce e sensibile, verso la quale il figlio avrebbe sviluppato un legame profondo e un affetto duraturo[13] , che andava a compensare il rapporto distaccato col padre. Elena era una madre premurosa e protettiva, che cercava quanto più possibile di mitigare le asprezze del protocollo e della vita di corte[14] , Vittorio Emanuele III era un uomo colto, ma «caratterialmente arido, riservato, diffidente, che nell'introspezione nasconde un groviglio di frustrazioni per l'inferiorità fisica e per il peso di una formazione troppo severa»[15] .
Umberto, in tenera età, a cavallo col padre Vittorio Emanuele , la madre Elena e le sorelle Iolanda e Mafalda a RacconigiI problemi derivati dalla modesta statura, l'educazione di stampo militaresco impartitagli dal colonnello Egidio Osio , suo governatore nella prima giovinezza, gli avevano reso estremamente difficile mettersi in relazione con gli altri, compresi i figli e soprattutto Umberto, in cui vedeva prima di tutto un erede al trono da educare come tale: vigevano nelle relazione del padre verso il figlio «autorità, etichetta, rigore, un sostanziale distacco in cui si mescolano la naturale freddezza emotiva del sovrano e la volontà di imporre un modello regale di comportamento»[16] .
Nel 1911 la famiglia si trasferì dal Quirinale , considerato una reggia troppo sfarzosa, nella più raccolta Villa Ada , circondata da un ampio parco che la rendeva quasi un doppione del paesaggio agreste di San Rossore . Nello stesso anno venne dichiarata guerra contro l'Impero ottomano per la sovranità sulla Libia e Umberto con le sorelle cominciarono a essere portati in visita dei feriti e dei mutilati alloggiati negli ospedali militari e anche, per volontà della regina, in un'ala del Quirinale e della reggia di Caserta .
Il 13 novembre 1913 Vittorio Emanuele III conferì all'ammiraglio Attilio Bonaldi il compito di occuparsi dell'educazione del principe ereditario, seguendo quella tradizione educativa radicata in casa Savoia , di cui lo stesso sovrano aveva pagato il prezzo divenendo un «uomo dal cuore freddo e dalla testa chiara»[17] . Bonaldi impartì al giovanissimo Umberto un'educazione eccessivamente rigida, che ebbe certamente delle conseguenze sulla personalità del futuro sovrano. Se Vittorio Emanuele III mantenne fino all'ultimo dei rapporti addirittura affettuosi con il suo precettore Osio, Umberto preferì prendere le distanze dal suo austero educatore, fino al punto da non recarsi alle sue esequie.
Anni dopo Umberto avrebbe commentato così: «Io stesso credo di aver dato il segno di non aver gradito il peso, ma allora nella mia casa si usava così. A nessuno sarebbe mai passato per la mente di farmi diventare un buon uomo di scienza o un esperto giurista. I Savoia erano re soldati e si preparavano fin da bambini a questo destino. Con mio padre avevo contatti normali nell'ambito di questa educazione»[18] .
Nessuna scuola pubblica per l'erede, ma una decina di precettori coordinati da un militare: se un tipo di educazione simile poteva essere anche considerata accettabile nel 1880, dopo oltre trent'anni era del tutto anacronistica e fuori dai mutamenti pedagogici e sociali nel frattempo occorsi[19] . Obbediente e rispettoso, crebbe in solitudine e si formò un carattere dominato dall'ossequio all'autorità e alla gerarchia, fortemente dominato da un rigido autocontrollo.[16]
Nel programma didattico ideato dall'ammiraglio Bonaldi per l'erede sabaudo non poteva mancare una buona istruzione marinara come parte della preparazione militare. Pochi mesi dopo il rientro in Italia, Umberto, che doveva prepararsi all'ingresso nella prima ginnasiale, il 29 agosto 1914, si imbatté in Adolfo Taddei, che lo seguirà nei suoi studi di italiano, latino e greco per otto anni. Questo insegnante, di grande cultura e di profonda umanità, fu una presenza benefica nella giovinezza del principe. Va tuttavia rilevato che Bonaldi costituì comunque per il principe un punto di riferimento e, se non c'era forse una profonda affinità di spirito, tra Bonaldi e Umberto ci fu sicuramente un grande affetto.
Umberto II intorno al 1920Secondo la prassi per ogni principe ereditario, Umberto compì una rapida carriera militare, frequentando la scuola militare di Roma dal 1918 al 1921 e divenendo generale dell'esercito. Dopo il 1925 si stabilì nel Palazzo Reale a Torino , dove fino al matrimonio condusse una vita spensierata. Visse in una realtà sostanzialmente estranea dalla politica attiva, essendo relegato, per volontà dello stesso regime fascista , in una posizione marginale. Di formazione liberal-conservatrice e - contrariamente alla tradizione familiare - profondamente credente, Umberto non suscitava particolari simpatie in Benito Mussolini .
Il 24 ottobre 1929, mentre si trovava a Bruxelles nel giorno del fidanzamento con Maria José , Umberto fu vittima di un attentato. Fernando De Rosa , uno studente italiano residente a Parigi , gli sparò un colpo di pistola, mancandolo, mentre il principe deponeva una corona presso la tomba del Milite Ignoto .
L'8 gennaio 1930, nella cappella paolina del Quirinale , si sposò con Maria José , principessa del Belgio . L'evento venne commemorato in una serie di francobolli, nota come Nozze del principe Umberto II . Umberto vestiva l'uniforme di colonnello di fanteria.
Secondo la leggenda sarebbe stato un matrimonio d'amore, ma la storia sarà comunque contrastata a causa dei diversi interessi culturali, politici e sociali e soprattutto dal divario fra le due educazioni ricevute. Dopo la funzione gli sposi furono ricevuti da papa Pio XI , segnale di un progressivo disgelo fra l'Italia e il Vaticano .
Terminato il viaggio di nozze, i coniugi rientrarono a Torino il 2 febbraio, occupando gli appartamenti di Vittorio Emanuele II e della regina Maria Adelaide al Palazzo Reale di Torino . Da sposato, il principe ereditario fu a lungo diviso tra impegni ufficiali e di rappresentanza, e tale periodo della sua vita fu reso complicato dalla non facile vita coniugale con Maria José . Tra i coniugi affiorarono infatti forti differenze caratteriali e culturali e, pur continuando a non aver nessun peso sulla scena politica e di corte, Umberto finì al centro di pettegolezzi e indiscrezioni soprattutto in ambienti fascisti, tesi a denigrarlo e a sminuirlo.
Pur avendo ambedue gli sposi mantenuto sempre uno strettissimo riserbo circa la loro vita privata, gli storici concordano su fondamentali differenze tra loro: Umberto era un uomo di carattere riservato e introverso, cresciuto con una madre molto affettuosa e un padre autoritario; Maria José era figlia di due genitori espansivi, interessati alla cultura contemporanea e molto informali, almeno nell'ambito familiare. Umberto era religioso, amava il rispetto dell'etichetta, lo sfarzo regale e si trovava a suo agio con l'alta nobiltà, il clero, gli accademici; Maria José, fumatrice e bevitrice in un'epoca in cui ciò era ragione di scandalo, specie per una nobildonna, si mostrava disinteressata alla religione e alle occasioni mondane formali, preferendo una vita spartana e ritirata e compagnie intellettualmente stimolanti.
L'ambiente di corte torinese era freddo, formale e subito ostile alla principessa, chiamata negresse blonde per via dei capelli ispidi e ricci; lei, d'altra parte, mostrava il minimo di simpatia richiesta verso la nobiltà locale e i suoi riti provinciali, che anni dopo sintetizzò con: «A Torino c'erano poche, o nessuna, cure intellettuali. [...] La nobiltà torinese [...] si rovinava in balli per il principe. La società era divisa in due clan: quelli che erano per il vermut non andavano dai produttori di Fiat , e viceversa. Persino la famiglia reale era divisa».[21]
Mentre Umberto continuava la sua vita da ufficiale, trascorrendo la mattinata e buona parte del pomeriggio in caserma, per tenersi impegnata la principessa seguì un corso di crocerossina e organizzò concerti a Palazzo Reale , oltre a seguire attività caritatevoli, quando gli impegni ufficiali non ne richiedevano l'attenzione e la presenza. Il primo impegno ufficiale di rilievo della giovane coppia furono le nozze di Giovanna di Savoia con re Boris III di Bulgaria , ad Assisi , nell'ottobre del 1930.
Poi, dal 3 al 24 maggio 1931, vi fu l'ostensione della Sacra Sindone , la prima dal 1898, durante la quale casa Savoia (allora proprietaria della reliquia) fu sempre presente: Umberto nel pomeriggio del 3, in rappresentanza del re, con la moglie, la sorella Mafalda di Savoia e Maria Bona di Savoia-Genova con il marito Corrado di Baviera e Lydia d'Arenberg , moglie di Filiberto di Savoia-Genova , consegnò le chiavi dell'urna che la conteneva all'arcivescovo Maurilio Fossati e fornì gran parte dei 61 pezzi esposti nella mostra che accompagnò l'evento, come quadri e oggetti liturgici. In segno di devozione, Maria José donò il proprio manto di nozze, da cui vennero ricavate otto pianete. Infine, nel luglio 1931, ci furono le esequie solenni di Emanuele Filiberto , duca d'Aosta . A questi impegni, di carattere prettamente dinastico, se ne affiancavano di politici, nei quali il regime richiedeva la presenza del futuro sovrano: gare di sci per la Coppa delle Federazioni fasciste, l'inaugurazione della nuova Casa del fascio di Torino, sfilate della Milizia, l'inaugurazione della Casa torinese del balilla.
Visita di Umberto di Savoia al Duomo di AscoliNonostante queste attività, però, l'OVRA vigilava e teneva strettamente sotto controllo Umberto, diffondendo voci malevole sulla vita sessuale del principe[22] (celebre l'epiteto di "Stellassa" che Gian Gaetano Cabella gli lanciò dalle colonne de Il popolo di Alessandria [23] ) e raccogliendo, sin dagli anni venti, un dossier relativo alla sua presunta omosessualità . I moltissimi dispacci si contraddicevano l'un l'altro: parlavano di innumerevoli avventure con donne di tutti i ceti sociali oppure di tresche con giovani camerieri antifascisti e soldati[24] , tra i quali - sembra - anche il giovane Luchino Visconti [25] .
In proposito il futuro partigiano Enrico Montanari scriverà un libro di memorie, in cui narra d'esser stato corteggiato nel 1927 da Umberto, che gli avrebbe regalato un accendisigari d'argento con incisa la scritta "Dimmi di sì!"[26] . Inoltre è stata ipotizzata l'impossibilità fisica del principe di dare un erede alla casata e che - quanto meno - ci fossero delle incomprensioni a livello sessuale con la principessa, dovute forse alla freddezza dello sposo, non aiutato, d'altro lato, dalla passività della sposa, comunque naturale in una giovane donna del periodo[27] [28] [29] .
Umberto durante la sua visita di Stato in CileLa delicatezza delle notizie contenute nel dossier dell'OVRA , anche a scopo ricattatorio, appare evidente dal fatto che il 27 aprile 1945, al momento della sua cattura e dopo la fuga da Milano , Benito Mussolini lo aveva con sé, secondo le testimonianze di coloro che hanno dichiarato di aver ispezionato il suo bagaglio (partigiani, funzionari ecc.)[30] [31] . Successivamente il comandante della 52ª Brigata Garibaldi , "Pedro" Bellini , curò di farlo consegnare al principe Umberto, allora luogotenente del regno [32] . Una copia del medesimo fu poi rinvenuta dall'agente segreto italiano Aristide Tabasso nel marzo del 1946, che la consegnò all'interessato e fu nominato da quest'ultimo commendatore della Corona d'Italia [33] [34] .
Alla fine quell'ambiente ipocrita e malevolo colmò la notevole pazienza di Umberto e una voce in particolare fece decidere al sovrano di trasferire in altra sede il figlio, promosso generale di brigata nel febbraio 1931; Vittorio Emanuele scelse personalmente Napoli , città leale alla monarchia e in cui egli stesso aveva trascorso gli anni da principe ereditario [35] .
Arrivò a Napoli il 4 novembre, prendendo residenza nel Palazzo Reale ; l'indomani ci fu un solenne Te Deum in cattedrale , un ricevimento a palazzo San Giacomo e infine la serata di gala al teatro San Carlo , mentre i napoletani si dimostravano entusiasti dell'arrivo dei principi, profondendosi in molteplici manifestazioni – preparate e spontanee – d'omaggio[36] . La coppia lasciò ben presto la reggia borbonica, destinata a occasioni ufficiali, in favore di Villa Rosebery , presso Posillipo , dotata di spiaggia privata, dove Maria José e il marito amavano fare bagni notturni.
La principessa di Piemonte in questo periodo poté contattare, tramite l'amico Umberto Zanotti Bianco , prima Benedetto Croce e poi altri esponenti dell'alta società avversi al fascismo , come lo stesso arcivescovo Alessio Ascalesi : Umberto lasciava fare, senza favorire o dissuadere la moglie. Naturalmente, come a Torino , l'OVRA vigilava e Arturo Bocchini ordinava di sorvegliare costantemente la vita della coppia alla ricerca di rotture e infedeltà, incrementando voci che naturalmente facevano il giro della città, alimentate a dismisura da soffiate anonime. Un viaggio a Bruxelles della principessa venne inteso come prodromo di una separazione, quando invece era solo sintomo della solitudine che la donna provava in climi tanto ostili[37] .
Continuavano intanto le cerimonie ufficiali e di rappresentanza: l'incontro con il vecchio Gabriele D'Annunzio al Vittoriale nel novembre 1932 e la nuova ostensione della Sindone , dal 24 settembre al 15 ottobre 1933, in occasione dell'Anno santo . Dopo lunga attesa (tanto che all'inizio del 1932 Vittorio Emanuele III aveva mandato la nuora, accompagnata dal medico di corte, da un illustre ginecologo in Germania a farsi visitare) il 5 febbraio 1934 il ginecologo di casa Savoia , Valerio Artom di Sant'Agnese , poté confermare la prima gravidanza: due settimane dopo, in un incidente in montagna moriva Alberto I del Belgio e, per il suo stato, Maria José dovette rinunciare ad andare ai funerali.
Il 24 settembre, a Palazzo Reale a Napoli , alla presenza anche di Elena di Savoia e di Elisabetta del Belgio , nasceva la primogenita Maria Pia : portava lo stesso nome della regina del Portogallo , sorella di Umberto I , che alla proclamazione della repubblica si era rifugiata in esilio in Italia, a Stupinigi , e di cui Umberto aveva alcuni affettuosi ricordi. Vennero distribuiti 2350 sussidi e borse di studio "Maria Pia di Savoia", Vittorio Emanuele III offrì un pranzo per 400 poveri e villa Rosebery venne ribattezzata "villa Maria Pia". Una settimana dopo ci fu il battesimo, madrina la zia paterna Maria Francesca di Savoia , padrino lo zio materno Leopoldo III del Belgio , rappresentato per procura da Vittorio Emanuele di Savoia-Aosta .
Il re Umberto II e la famiglia reale d'Italia dietro la bandiera del Regno d'ItaliaLa gravidanza, nei primi mesi, venne sommersa di voci maliziose su una sua possibile origine non naturale: si disse che era frutto di inseminazione artificiale , richiesta per l'inabilità di Umberto a procreare, pratica allora non ortodossa e guardata con sospetto. La voce divenne così di dominio pubblico che Luigi Pirandello in un caffè romano ne parlò scandalizzato ad Alberto Moravia [38] e ancora anni dopo, di nuovo incinta, Maria José volle smentirlo con Ciano , che al 30 dicembre 1939 registrò che la principessa «mi ha lasciato intendere che il figlio che nascerà è di lui, senza intromissioni di medici e siringhe». Interrogato in merito, Ferdinando Savignoni, assistente di Artom, dichiarò che «i figli del principe di Piemonte nacquero nel modo più naturale possibile»[39] . Oltretutto, nonostante le molteplici visite mediche che la principessa fece, l'ipotesi dell'applicazione di una pratica allora in fase di studio iniziale è abbastanza ardita e priva di fonti che la possano suffragare[40] .
Umberto, nello stesso periodo, venne nominato comandante di divisione, assumendo il comando della Volturno, e poi membro del consiglio dell'esercito, ma questo non cambiò la sua situazione di escluso dall'ambiente politico che decideva, tanto che della prossima campagna d'Etiopia lo seppe da Italo Balbo . Alla fine del 1935, infatti, i principi di Piemonte partirono per un viaggio nel Nord Africa , prima tappa la colonia di Libia e poi l'Egitto , dove regnava re Farouk , amico di vecchia data di casa Savoia .
Il governatore, fresco del successo personale della crociera atlantica, offrì agli ospiti sorvoli aerei della Tripolitania e, nella sua residenza, As-Saraya al-Hamra (il Castello Rosso di Tripoli), il proprio punto di vista e i propri dubbi sul regime e sulla sua scarsa preparazione militare. «In Libia , Balbo ci parlò in modo molto scettico riguardo al regime e a Benito Mussolini . Disse che la ciambella del fascismo non era riuscita secondo le iniziative e che un paese dove non si può manifestare liberamente la propria opinione non ha futuro. Il governatore, inoltre, sembrava essere già al corrente delle intenzioni che il duce, di lì a qualche mese, avrebbe manifestato a proposito dell'Etiopia »[41] . Da quel momento iniziò un regolare scambio di missive tra i principi e Italo Balbo e altre visite di Maria José in Libia, tutti fatti che irritarono Mussolini e le alte gerarchie del partito[42] . In ogni caso, Umberto non disse nulla al padre, né chiese informazioni su quanto aveva sentito, nonostante egli stesso a Napoli salutasse molteplici truppe in partenza per il porto di Massaua , ufficialmente per esercitazioni.
Il 2 ottobre Mussolini dichiarò guerra all'Etiopia e l'11 scattarono le sanzioni della Società delle Nazioni , cui il regime rispose con la "giornata della fede", sotto lo slogan dell'"oro alla Patria". All'Altare della Patria la regina Elena consegnò le fedi nuziali sue e del re , pronunciando uno dei suoi rarissimi discorsi pubblici, mentre lo stesso facevano a Napoli Maria José e a Torino Jolanda di Savoia . Umberto donò il proprio collare dell'Annunziata , il re alcuni lingotti d'oro e d'argento, Luigi Pirandello la medaglia del Nobel , Benedetto Croce e Luigi Albertini beni personali: lo stato ottenne oltre 500 milioni in oro e l'iniziativa fu quindi un notevole successo[43] . Il re però non condivise il fascino dell'avventura militare e a Dino Grandi , davanti alle truppe in sfilata, disse: «Ed è con queste facce e queste pance da curati e da notai di campagna che il suo Duce vuole fare la guerra?»[44] .
Nonostante lo scetticismo personale, Vittorio Emanuele III desiderava che anche il figlio prendesse parte alla campagna militare, ottenendo in tal modo un po' di gloria e prestigio, come fecero e avrebbero fatto per tutta la durata delle operazioni gerarchi di ogni grado, ottenendo encomi e medaglie non sempre meritate[45] . Ma Umberto restò confinato in patria per volere di Mussolini, che voleva che quella guerra fosse «una sfida del regime dalla quale la monarchia potrà ricevere l'incoronazione imperiale ma sulla quale non dovrà accampare meriti»[46] . La scusa ufficiale fu che il Duce non desiderava fosse messa in pericolo la vita dell'erede al trono; al fronte andarono i tre cugini Savoia-Genova , parenti di secondo piano, e Aimone di Savoia-Aosta , ma non Amedeo d'Aosta , allora secondo in linea di successione al trono , piccola vendetta del re contro l'aitante nipote di simpatie fasciste.
Il principe Umberto al balcone del municipio del comune di Montella (AV ), in occasione delle manovre del 1936Umberto, a terra, passò in rassegna le truppe in partenza e così "garantisce la legittimità dell'impresa, ma a combattere in prima linea è il fascismo, cui andrà il merito della vittoria[47] e venne impegnato nelle solite occasioni ufficiali, come la presenza al funerale di Giorgio V del Regno Unito agli inizi del 1936: occasione impegnativa, trattandosi di un viaggio in un paese ostile, tra i primi sostenitori delle sanzioni. A marzo venne promosso al comando del corpo d'armata di Napoli, ma per l'Etiopia partì la moglie, che il 26 dello stesso mese si imbarcò come crocerossina sulla nave ospedaliera Cesarea . Alla proclamazione dell'Impero , il 5 maggio 1936, al balcone del Quirinale si affacciarono Vittorio Emanuele III , che rispose alle ovazioni della folla con il saluto militare, e Umberto, sull'attenti. "L'avvenire accanto al presente" scrisse Ugo Ojetti [48] .
Ad agosto, per la chiusura delle Olimpiadi di Berlino , Umberto fu sul palco al fianco di Hitler , che disprezzava, ricambiato[49] , e accettò la gran croce d'oro dell'ordine dell'Aquila nera [senza fonte ] e poco dopo, a Napoli, ricevette in compagnia della moglie Primo Carnera . Anche in questa occasione le calunnie dell'OVRA non si fecero attendere e si registrò di avances al pugile, secondo alcuni fatte da Maria José, secondo altri da Umberto[50] . A queste menzogne si aggiunsero quelle, naturali considerato quanto già avvenuto nel 1934, sorte quando nell'ottobre del 1936 venne annunciata la nuova gravidanza della principessa di Piemonte , tutte tese ad attribuirla a padri illegittimi. Si osservò che era rimasta incinta a ridosso della partenza per l'Africa e si tirò fuori la storia dell'amicizia tra la principessa e gli aitanti, sportivi e gaudenti cugini Savoia-Aosta , Aimone e Amedeo : si disse che aveva incontrato due volte il secondo, mentre in realtà a incontrare Maria José, due volte, era stato Aimone, sulla Cesarea , alla presenza comunque di altre autorità[51] . Era nota infatti la simpatia tra lei e i due fratelli, anticonformisti, esuberanti e insofferenti all'etichetta: che vi fosse una particolare simpatia verso il futuro viceré d'Etiopia lo si pensò quando Maria José dedicò il suo primo libro A la memoire du valeureux et chavaleresque Amédée , pubblicando la foto di suo figlio Vittorio Emanuele appoggiato alla "quercia di Amedeo"[52] .
Vittorio Emanuele III con il nipote omonimoIl 12 febbraio 1937, alle 14:30, nacque l'atteso erede maschio , cui venne imposto il nome del nonno , e a seguire molti altri di carattere dinastico o familiare[53] . A questa gioia e motivo di orgoglio seguì due mesi dopo, il 5 aprile 1937, il conferimento alla regina Elena , da parte di papa Pio XI , della Rosa d'oro , il più importante segno di benevolenza papale verso le sovrane. Il battesimo fu celebrato il 31 maggio nella Cappella Paolina , dove si erano sposati i genitori, e fu il primo battesimo di un erede al trono in pompa magna a Roma [54] . Alle undici del mattino, obbligatorio per gli uomini divisa o panciotto e marsina e coccarda di raso azzurro Savoia , per le donne velo bianco, bande di pizzo e l'iniziale in brillanti della regina o della principessa ereditaria. Il corteo era aperto dai padrini, Vittorio Emanuele III ed Enrichetta del Belgio , duchessa di Vendôme (in rappresentanza della madrina la regina Elisabetta del Belgio ), Umberto con la madre Elena e Maria José al braccio del cugino monsignore, il principe Giorgio di Baviera[55] .
Mussolini era assente, sia alla funzione sia al ricevimento, probabilmente perché insofferente di fronte a un rito che era una chiara autocelebrazione della monarchia, in un periodo in cui il duce si legava sempre più al Führer , che invidiava perché non aveva nessuno sopra di sé e non doveva dividere fama e onori con una dinastia sovrana[56] [57] . La stampa, invece, sottolineava nella cerimonia i fasti della diarchia: "guardando la bellezza del bambino che sarà re, non c'è italiano che oggi non sia orgoglioso della sua Patria, della nostra Italia trionfante sui nemici, del Duce che ci guida"[58] .
Nel settembre del 1937 Mussolini, in visita in Germania , restò affascinato dalla potenza che sprigionava il regime nazista [59] : a novembre firmò il patto anti-Comintern e a dicembre uscì dalla Società delle Nazioni . Mentre Mussolini si avvicinava a Hitler e diventava sempre più insofferente nei confronti della casa reale, suo genero e ministro degli esteri, antitedesco, Galeazzo Ciano provava a stringere con i principi di Piemonte rapporti più stretti. I principi avevano di Ciano l'impressione di un uomo snob e di scarso acume (cui si aggiungeva una sana antipatia tra Maria José ed Edda Ciano )[60] , ma in seguito ne apprezzarono l'antinazismo, le molte informazioni cui poteva arrivare e infine il modo di fare più garbato e intellettuale rispetto a quello tipico di altri gerarchi come Achille Starace , Ettore Muti o Roberto Farinacci [61] : era insomma uno dei pochi gerarchi frequentabili[62] . Ciano cominciò a organizzare vari incontri, più o meno casuali, con il principe ereditario, riportandone sempre le impressioni, che passarono da un "colloquio scialbo" il 31 agosto a un "gran calore" per le felicitazioni alla nascita del figlio Marzio il 19 dicembre.
Tale evoluzione fu forse dovuta anche a una reazione al fatto che Mussolini mostrava sempre più fiducia in Amedeo d'Aosta , proposto a Francisco Franco come possibile re di Spagna e intanto nominato viceré d'Etiopia al posto del maresciallo Rodolfo Graziani , mentre Umberto rimaneva in una posizione defilata. I sospetti esplosero quando ai principi divenne nota la clausola inerente alla successione al trono votata dal Gran consiglio nel 1928,che contemplava nell'eventualità di mancanza di eredi,la salita al trono di un membro dei Savoia-Aosta,e spinsero Maria José a irrompere a Palazzo Venezia per aver lumi: Mussolini rispose che la norma andava applicata solo in mancanza di discendenza diretta, cosa che in quel momento non si verificava[63] .
Nell'aprile del 1938 la crisi tra corona e regime toccò il suo punto più alto, con il colpo di mano della creazione del grado di primo maresciallo dell'Impero : Starace e Ciano fecero approvare di sorpresa prima alla Camera, per acclamazione, poi al Senato, questo nuovo grado, attribuito sia al re sia al Duce, il che li equiparava di fatto, e violava gravemente i poteri regi. Le rimostranze di Vittorio Emanuele III furono veementi, ma alla fine firmò la legge. Un possibile motivo di arrendevolezza del sovrano in questo frangente è desumibile da quanto riportato il 2 aprile da Ciano nel suo diario:
«Mussolini [...] mi ha detto: "Basta. Ne ho le scatole piene. Io lavoro e lui firma. [...] Ho risposto che potremo andare più in là alla prima occasione. Questa sarà certamente quando alla firma rispettabile del Re si dovesse sostituire quella meno rispettabile del principe. Il Duce ha annuito e, a mezza voce, ha detto: "Finita la Spagna, ne riparleremo"[64] »
Pare realistico pensare che Vittorio Emanuele III, allora e altre volte in futuro, evitasse di coinvolgere il figlio negli affari di Stato o cedergli qualsiasi scampolo di potere effettivo per proteggerlo da queste oscure manovre del regime[65] .
Di lì a poco si ebbe la visita di Hitler e del suo seguito a Roma : la corte si dimostrò palesemente antinazista e i capi del nazismo avversi alla monarchia, con uno scambio di battute di scherno dall'una e dall'altra parte[66] . Umberto era antinazista per più motivi: come cattolico (Pio XI aveva già condannato il nazismo con l'enciclica Mit brennender Sorge e in quei giorni andò a Castel Gandolfo , ordinando di lasciare al buio le chiese come segno di protesta), come uomo di una certa preparazione culturale, come figlio di Vittorio Emanuele , la cui avversione alla Germania durava dalla fine dell'Ottocento , e come principe ereditario davanti a un regime chiaramente antimonarchico. Maria José considerava l'espansionismo nazista un'ovvia minaccia al suo Belgio e detestava i fascisti (il 7 settembre 1938 andò al concerto di Lucerna di Arturo Toscanini , di fatto esule, perché gli era stato appena ritirato il passaporto ). Queste ragioni, unite al sempre più forte legame che Mussolini stava creando tra fascismo e nazismo , li spinsero a complottare per un golpe .
Un documento del Foreign Office britannico[67] attesta che il 26 settembre Umberto avrebbe dovuto rinunciare ai propri diritti come erede al trono in favore del figlio con un documento da consegnare a un "avvocato di Milano " di cui non si conosce il nome, forse un politico del periodo pre-fascista. Maria José, costretto Vittorio Emanuele III ad abdicare, sarebbe stata proclamata reggente e Badoglio avrebbe ottenuto pieni poteri per mantenere l'ordine, a cui sarebbe seguito un nuovo governo guidato dall'avvocato milanese. L'esercito, sotto gli ordini di Graziani, avrebbe preso possesso dei punti vitali di Roma, Milano, Torino, Venezia e Verona nella mattina del 27 e il 28, alle 15, Umberto avrebbe messo davanti al padre il fatto compiuto e successivamente fatto mandare in onda alla radio le dichiarazioni della reggente e del nuovo primo ministro. Invece il pomeriggio del 25 Hitler emanò un ultimatum di sei giorni alla Cecoslovacchia e, in uno scenario internazionale così teso, Umberto indugiò: il 27 giunse la notizia dell'intenzione di Mussolini di mobilitare le truppe se l'avesse fatto Hitler e del dissenso del sovrano; l'indomani fu comunicata la notizia che Hitler avrebbe incontrato a Monaco i primi ministri d'Italia, Francia e Inghilterra per decidere le sorti della Cecoslovacchia. Apparendo così Mussolini uno dei difensori della pace europea, il piano venne archiviato, mentre anche in Germania un piano dei generali Beck e Halder era accantonato per simili motivi[68] .
Appena un mese dopo, il 29 ottobre, partecipò alle nozze del cugino Eugenio di Savoia-Genova con Lucia di Borbone-Due Sicilie , che avvennero a Monaco di Baviera , dove viveva la famiglia della sposa, di idee antinaziste, e officiate dal cardinale Michael von Faulhaber , anch'esso inviso al regime: forse per riequilibrare quella presenza che denunciava le sue idee, chiese un incontro privato con Hitler : questi lo invitò due giorni dopo a un pranzo all'Obersalzberg , trasformando quella richiesta in un'occasione di propaganda per il regime ad appena un mese dal convegno di Monaco . Umberto ascoltò il monologo del Führer , che espresse la sua soddisfazione per la soluzione del problema cecoslovacco, per la crescente forza della Germania , l'avversione per gli Stati Uniti , il desiderio di un'alleanza duratura con l'Italia ; l'ambasciatore a Berlino , Bernardo Attolico , mandò una relazione a Roma ; Mussolini fu probabilmente soddisfatto dell'incontro, il Re assolutamente no. Il principe di Piemonte , per ingenuità o per inesperienza politica, aveva scelto di incontrare per mera cortesia il dittatore, ma, tenuto conto che Umberto si era sempre tenuto rigorosamente al di fuori di attività o manifestazioni di simpatie politiche, l'avvenimento poté essere inteso come una sostanziale comunità di vedute o come ammirazione per l'uomo che aveva appena soppresso la libertà della Cecoslovacchia [69] .
Divenuto intanto generale designato d'armata e ispettore di fanteria, Umberto cominciò a esprimere, a chi glielo domandava, il suo profondo scontento verso le risorse effettive delle truppe: Mussolini, che oramai non si fidava più e cominciava a ritenerlo, se non pericoloso, almeno palesemente avverso, gli impedì di andare a Parigi , covo dei fuoriusciti antifascisti, a inaugurare un busto del defunto suocero Alberto I del Belgio . In un clima così teso, le nozze dell'ultimogenita dei sovrani Maria con il principe Luigi di Borbone-Parma , avvenute il 23 gennaio 1939, ebbero il minimo dell'attenzione e dell'organizzazione possibile[70] . Tre mesi dopo, infatti, l'Italia invadeva l'Albania (di cui Vittorio Emanuele III era proclamato sovrano ) e, il 22 maggio, veniva firmato il Patto d'acciaio . A marzo, incontratolo a Salisburgo , Italo Balbo aveva già anticipato l'avvenimento a Maria José , oramai certa di quale sarebbe stata la sorte del Belgio davanti all'aggressività tedesca. Le intenzioni, le idee e la "fronda" dei principi di Piemonte erano così note anche all'estero che nei giorni della firma del Patto d'acciaio sul Daily Mirror [71] uscì un articolo anonimo dal titolo "Il duce spedisce il principe in esilio", dove si diceva che Umberto e la moglie si sarebbero a breve rifugiati a Bruxelles in una "sorta di esilio dettato dal signor Mussolini [...] Il principe ereditario non ha mai nascosto la sua opposizione al fascismo"; inoltre si aggiungeva che erano sorte tensioni fra lui e Ciano (cosa possibile, poiché dopo l'incontro del 6 novembre 1938 il ministro ne ha uno solo il 18 novembre 1939); notizie tutte riprese lo stesso giorno dal News Chronicle . Naturalmente erano esagerazioni, ma davano l'idea di come la posizione dei principi ereditari fosse nota[72] .
Fu quindi naturale che il Duce , nella preparazione dei comandi per la guerra prossima, scegliesse accuratamente di porre in secondo piano il principe ereditario, escludendolo non solo dalla possibilità di prendere decisioni, ma anche dal ricevere gloria militare, cosa che probabilmente sarebbe stata approvata da Hitler , il quale, il 22 agosto 1939, disse ai suoi generali che «Mussolini è messo in pericolo da quell'imbecille di un Re e da quel perfido furfante di un principe ereditario»[73] . La manovra naturalmente non sfuggì al Re, che, nel suo incontro con Ciano del 24 agosto, pretese che il duce «dia al principe di Piemonte un comando. Hanno il comando quei due imbecilli di Bergamo e di Pistoia , può ben averlo mio figlio, la cui testa vale quella del duca d'Aosta». Questa schiettezza e comunicatività del Re, notoriamente uomo di poche parole, col ministro degli esteri, novello collare dell'Annunziata , era motivata dal comune sentimento antitedesco, aumentato in Ciano dopo il suo incontro dell'11 agosto con von Ribbentrop e Hitler. Il colloquio terminò con una confidenza del sovrano: «paternamente ha aggiunto che il principe a me vuol bene, molto bene e che di me sempre gli parla con fiducia e speranza»[74] . In situazioni simili naturalmente la nuova gravidanza di Maria José non fu oggetto neppure delle calunnie dell'OVRA .
Vittorio Emanuele III inaugura nel 1939 la Camera dei fasci e delle corporazioni in presenza di Umberto, principe di Piemonte , Amedeo di Savoia-Aosta , duca d'Aosta , Vittorio Emanuele di Savoia-Aosta conte di TorinoMa la crisi tra regime e corona non coinvolgeva più solo i principi di Piemonte: il 1º luglio 1939 a Firenze , in Santa Maria del Fiore , Aimone di Savoia-Aosta si era sposato con Irene di Grecia , testimoni per lui il viceré Amedeo e Umberto: Mussolini non era intervenuto neppure a questa cerimonia di casa Savoia , sia per non incontrare il re Giorgio II di Grecia , fratello della sposa, contro il quale pochi mesi dopo avrebbe inviato delle truppe, sia perché dopo appena due anni di viceregno Amedeo aveva mutato del tutto opinione sulla preparazione dell'esercito e sulla reale solidità del regime e dei suoi uomini[75] .
Il 1º settembre 1939 la Germania invase la Polonia , due giorni più tardi entrarono in guerra Francia e Regno Unito , l'Italia dichiarò la propria non belligeranza e tutti coloro che erano antitedeschi incominciarono ad avere contatti sempre più fitti, scambiandosi informazioni e opinioni. A fine ottobre Umberto espresse con Ciano la propria soddisfazione nella rimozione di Achille Starace dalla guida del PNF e lo informò che Hitler aveva chiesto la rimozione, tramite Filippo d'Assia , di Bernardo Attolico , ambasciatore a Berlino , ostile all'espansionismo tedesco. Il 27 novembre la regina Elena scrisse una lettera appello in favore della pace alle sovrane di Belgio , Paesi Bassi , Lussemburgo , Danimarca , Jugoslavia e Bulgaria , che vennero fermate da Mussolini , con la motivazione che era un gesto inopportuno.
Il 4 dicembre Maria José seppe dell'idea di suo fratello Leopoldo III del Belgio di indire una conferenza dei Paesi non belligeranti per il giorno di Natale , proposta che il Duce rifiutò. Il 21 dicembre i sovrani andarono in visita dal papa in Vaticano e il 28 dicembre Pio XII compì un viaggio di Stato fino al Quirinale , antico palazzo pontificio, dove dal 1870 nessun papa era più entrato: a colloquio con Vittorio Emanuele III si scagliò con forza contro Hitler . Due giorni dopo Ciano comunicò alla principessa di Piemonte che era imminente l'invasione del Belgio [76] .
Umberto di Savoia, Maria José del Belgio e il resto della famiglia reale in visita da papa Pio XIIIl 22 febbraio 1940 si ebbe un nuovo colloquio tra Galeazzo Ciano e Umberto, dove questi, a detta del genero del Duce si mostrò «molto antitedesco e convinto della necessità di rimanere neutrali. Scettico - impressionantemente scettico - sulle possibilità effettive dell'esercito nelle attuali condizioni -che giudica pietose- di armamento»[77] . A Napoli , due giorni dopo, nacque la figlia Maria Gabriella e l'indomani a Roma il sottosegretario di Stato statunitense Sumner Welles fece capire al re che gli Stati Uniti contavano su di lui per mantenere l'Italia fuori dalla guerra, ottenendo per risposta «Ho l'impressione che il suo presidente non si renda conto di quanto poco possa fare io»[78] . Il 14 marzo il duca d'Acquarone espresse a Ciano, al circolo del golf dell'Acquasanta, il desiderio del sovrano di restare neutrali a tutti i costi, compreso quello di rimuovere Mussolini , purché avvenisse in maniera legale, al fine di evitare una guerra civile[79] : il ministro degli esteri confermò al re che Mussolini non avrebbe convocato il Gran consiglio per la dichiarazione di guerra, ma che avrebbe riflettuto se cercare di convincere il suocero in tal senso[80] [81] . Due settimane dopo anche Umberto volle parlare con Ciano: il principe «non ha nascosto la sua preoccupazione [...] aggravata dalla sua conoscenza delle nostre condizioni militari. Nega che dal settembre a oggi siano stati realizzati effettivi progressi nell'armamento: il materiale è scarso e lo spirito depresso»[82] .
Il 9 aprile 1940 la Germania invase Danimarca e Norvegia e il 24 Pio XII e Paul Reynaud chiesero ufficialmente a Mussolini di non entrare in guerra. Sei giorni dopo il pontefice incontrò i principi di Piemonte in Vaticano e «con un modo di fare affettuoso e paterno iniziò subito la conversazione. Insistette soprattutto sul pericolo del nazismo e delle persecuzioni religiose. Poi evocò l'imminenza di un'aggressione tedesca in Belgio e nei Paesi Bassi . Per tre volte affermò questo, voltandosi verso di me con aria angosciata, un po' interrogativa, aspettando forse un chiarimento, oppure una conferma da parte mia»[83] . Il 1º maggio Maria José avvisò del pericolo l'ambasciatore belga, che l'indomani la tranquillizzò affermando che erano tutte voci di agenti provocatori tedeschi operanti in Vaticano . Ciano, interpellato lo stesso giorno, confermò l'informazione aggiungendo che si trattava di 3 divisioni, e il 10 maggio si ebbe l'invasione. La principessa di Piemonte parlò poi con Italo Balbo e Amedeo d'Aosta , perché facessero recedere il duce dalle sue intenzioni, invano.
Il 29 maggio il duce annunciò ai vertici militari la sua decisione irrevocabile di entrare in guerra a fianco della Germania , nonostante i più fossero contrari e Umberto esprimesse al padre tutta la sua contrarietà: «Gli dissi che non si poteva andare avanti rassegnati verso la catastrofe, che bisognava fare qualche cosa»[84] .
Il 10 giugno al principe venne conferito il comando delle armate operanti al confine francese (Gruppo d'armate Ovest ), 12.000 ufficiali e trecentomila soldati, praticamente inutili, poiché la Francia era prossima al tracollo e Mussolini stesso aveva vietato operazioni di attacco: dieci giorni dopo l'entrata in guerra si ebbe una manovra militare che durò tre giorni, dal 21 al 24 giugno e portò alla presa di Mentone con 600 caduti italiani circa, commentata in un protocollo segreto dal generale Alfredo Guzzoni , comandante della IV Armata con "Se non fosse stato per le condizioni climatiche sfavorevoli i francesi avrebbero continuato ad avanzare"[85] . Pochi giorni dopo, nei pressi di Mentone , Umberto incontrò la moglie , ispettrice nazionale del Corpo Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana , che riportò sul suo diario testimonianze del profondo scetticismo del principe sulla preparazione e sulle attrezzature della truppa.
Il Principe ereditario col presidente argentino Marcelo Torcuato de AlvearIl 25 ottobre Umberto incontrò a Torino il maresciallo Enrico Caviglia che scrisse sul proprio diario come Umberto gli raccontasse di essere dolente per l'inattività in cui la nuova situazione militare lo poneva (essendo escluso che l'erede al trono potesse essere dislocato su qualche lontano fronte), di Hitler che cercava l'aiuto della Svezia per una pace con l'Inghilterra e che a suo dire era necessario fermare le operazioni militari in Libia per concentrare uomini e mezzi in Grecia, opinione quest'ultima non condivisa da Caviglia. In Libia infatti il governatore Rodolfo Graziani già a giugno aveva chiesto più mezzi, o un rinvio dell'attacco, che a fine agosto Badoglio , capo di stato maggiore, aveva rifiutato: dal diario di Ciano, in data 6 settembre, si apprende che Umberto aveva espresso le «più ampie riserve sulla possibilità e sull'inopportunità dell'impresa»[86] .
Nonostante questo Umberto continuò ad affiancare i propri impegni ufficiali con i frequenti contatti con gli oppositori del regime e con militari come Badoglio e Vittorio Ambrosio , da poco nominato nuovo capo di stato maggiore generale. Probabilmente è in questo periodo che anche il principe ereditario iniziò a vedere Badoglio come una possibile carta spendibile per l'affossamento di Mussolini , pur dimostrando di non averne molta fiducia. Confidò a un uomo vicino a Caviglia (l'altro maresciallo in predicato di essere successore del duce alla guida del governo), che giudicava il collega Badoglio "un cane da pagliaio che va dov'è il boccone più grosso", che condivideva il giudizio[96] , ma ugualmente vedeva nel militare piemontese l'unico in grado di avere la fiducia dei fascisti frondisti, del sovrano e degli alti papaveri dell'esercito[97] .
Il 2 febbraio 1943 nacque al Quirinale l'ultimogenita dei principi di Piemonte, Maria Beatrice [98] , il cui atto di nascita venne rogato il 4 febbraio da Ciano, che scrisse sul suo diario di aver avuto un breve colloquio con Umberto, che "vede le cose con molta esattezza. E ne è giustamente pensoso". Quella fu l'ultima incombenza ufficiale del genero del duce da ministro degli esteri: due giorni dopo divenne ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede .
Molto probabilmente furono anche le voci di fronda legate ai principi ereditari, oltre all'ostilità nazista, che nel rimpasto di governo del febbraio 1943 costarono il posto a Ciano, Bottai, Grandi e poi anche a Senise (quest'ultimo da capo della polizia). Lord Edward Halifax , ambasciatore britannico a Washington , scrisse nel suo rapporto che un italiano da poco rientrato in Turchia (non lo nomina, ma è possibile che fosse l'ambasciatore in quello Stato, il barone Raffaele Guariglia , futuro ministro degli esteri del governo Badoglio ) aveva riferito che tutti quei mutamenti politici erano dovuti alla "scoperta da parte della Gestapo che c'era un complotto per dare il potere al principe di Piemonte e rovesciare il governo [...]. Grandi, il precedente ambasciatore a Londra , e il conte Ciano organizzarono il movimento sicuramente con la conoscenza del principe Umberto"[99] .
Vittorio Emanuele III non gradiva affatto l'attivismo politico del figlio e della nuora . Per quanto riguardava Maria José, che manteneva contatti sia coi politici dell'Italia pre-fascista, con intellettuali di varia estrazione e con ambienti vaticani, il re non tollerava che fosse una donna a occuparsi di politica, che ci si fidasse di vecchi revenants (fantasmi, come con disprezzo definiva Bonomi, Nitti e gli altri notabili d'epoca giolittiana) e di preti (noto era il suo anticlericalismo)[100] . Quanto al figlio, il sovrano era dell'idea, leit-motiv di casa Savoia, che "si regna uno alla volta".
A posteriori, Umberto diede la sua versione dei fatti, spiegando che l'idea di rimuovere Mussolini venne in seguito al disastro di El Alamein "che irritò non soltanto il re mio padre, ma anche le sfere superiori militari [...] Fin dall'autunno 1942 cominciarono ad affluire in Quirinale alte personalità militari, persino il vecchissimo generale Zuppelli , per invocare l'intervento della corona [...] Nella primavera anche il generale Ambrosio fece conoscere il suo piano"[101]
Nella primavera del 1943 Maria José facilitò un incontro tra Ivanoe Bonomi e il marito, che egli raccontò nel suo Diario di un anno : "gli dico che bisogna puntare su un generale, Badoglio o Caviglia. Lui dice di preferire Badoglio, perché Caviglia è troppo vecchio [...] Ma alla proposta di andare tutti dal re per spingerlo a decidersi, Umberto di nuovo tentenna. [...] la principessa mi aveva detto: il figlio non farà nulla contro il padre [...] Il principe ha idee chiare, peccato non abbia la ferma volontà di fare"[102] .
Tra marzo e aprile del 1943 Umberto ebbe un colloquio con il cognato Filippo d'Assia [103] , che si concluse con la comune intenzione di chiedere a Hitler una pace prima che la situazione ancora peggiorasse. Il principe d'Assia ne parlò con il Führer nella prima settimana d'aprile al castello di Klessheim , appena terminati i colloqui con Horthy e Mussolini, causando la sua ira: accusò i Savoia di essere degli ingrati nei confronti del duce e affermò che tutto si sarebbe aggiustato anche sul fronte italiano. Pochi giorni dopo Filippo d'Assia venne consegnato a Berchtesgaden , e poi a Rastenburg , per essere infine arrestato l'8 settembre.
Il 22 luglio, dalla sede del Gruppo d'armate Sud , che si trovava a Sessa Aurunca , Umberto tornò a Roma dove, l'indomani, incontrò il duca d'Acquarone e il cugino Aimone di Savoia-Aosta , e in seguito tornò a Sessa e qui venne sorpreso dal voto del Gran consiglio e dalla successivo arresto di Mussolini. Quello stesso giorno Hitler espresse il proprio desiderio di arrestare tutti i membri della casa reale, e Keitel osservò che il principe ereditario "era più importante del vecchio"[104]
Il 26 luglio Umberto partì per Roma all'alba e nella mattinata incontrò di nuovo Acquarone, il cugino Aimone e il generale Sartoris, che lo resero edotto sugli ultimi avvenimenti, sui quali il re diede la sua versione durante il pranzo, a cui lui e Maria José erano invitati[105] . Probabilmente insoddisfatto dai colloqui, ebbe di nuovo un incontro nel pomeriggio con Acquarone , cui seguì uno con Roatta e Ambrosio . Umberto, da sempre antinazista, era probabilmente in disaccordo con il proclama di Badoglio , ma ligio all'autorità, non protestò né fece partecipe il padre dei suoi dubbi, continuando così a stare tra l'Abruzzo e la Campania , visitando città e accampamenti[106] .
Il 4 agosto festeggiò il compleanno della moglie che, tre giorni dopo, venne mandata con le bambine per ordine di Vittorio Emanuele III nel castello di Sant'Anna di Valdieri in Piemonte , ufficialmente per motivi di sicurezza, ma in realtà perché l'attivismo politico e di stampo liberale di Maria José erano invisi al sovrano e a Badoglio.
«Ripenso alle ultime ore a Roma, a quando mi fu detto che allontanandomi per poco dalla città tutto sarebbe stato più semplice e invece: quel "trucco" che non voglio qui definire in termini "appropriati"!»
Benché da parte filomonarchica gli pervenissero inviti a resistere in quanto si sospettavano brogli elettorali , Umberto II preferì prendere atto del fatto compiuto; l'alternativa poteva essere una guerra civile fra monarchici e repubblicani, cosa che era nell'aria dopo la strage di via Medina a Napoli , ma il Re volle proprio evitare quest'ulteriore tragedia all'Italia , già duramente provata da una guerra disastrosa appena conclusasi.
Dopo la notizia della vittoria repubblicana, Umberto passò la notte, l'ultima in terra italiana, non al Palazzo del Quirinale , residenza di costui, ma bensì a casa di un fidato conoscente, Corrado Lignana, in Via Verona 3, Roma[144] . Da Casa Lignana, il Re, si tenne in costante contatto con Falcone Lucifero, che si trovava al Quirinale, e gli diede udienza due volte nella peima metà del 13 giugno.
Così il 13 giugno, accompagnato dai suoi più stretti collaboratori (il generale Giuliano Cassiani Ingoni , il generale Carlo Graziani e il dottor Aldo Castellani ), Umberto II partì in aeroplano da Ciampino dopo aver diramato un proclama[145] dove si parlava, fra l'altro, di un «gesto rivoluzionario» del Consiglio dei Ministri nel consegnare ad Alcide De Gasperi le funzioni di capo provvisorio dello Stato.
Giorni prima, Umberto II, nel considerare la legittimità della monarchia come forma di regime di una nazione nei confronti del risultato referendario, aveva detto:
«La Repubblica si può reggere col 51%, la Monarchia no. La Monarchia non è un partito. È un istituto mistico, irrazionale, capace di suscitare negli uomini incredibile volontà di sacrificio. Deve essere un simbolo caro o non è nulla.»
Ritratto di Umberto II con la moglie e i figli Villa Italia, attualmente riadattata come struttura ricettiva, la Grande Real Villa Itália Hotel & Spa.Come meta per l'esilio, Umberto II scelse il Portogallo (all'epoca sotto dittatura ), risiedendo dapprima a Colares , località vicino Sintra , ospite a Villa "Bela Vista" e, in seguito, a Cascais in una residenza accanto alla futura "Villa Italia" in cui si trasferì nel 1961[148] . Le nazioni confinanti l'Italia non l'avrebbero infatti accolto, e il re voleva evitare la Spagna dove il dittatore Francisco Franco , reggente della monarchia, era salito al potere anche grazie all'Italia fascista. In Portogallo , inoltre, era stato in esilio anche il suo trisnonno, il re Carlo Alberto , morto a Porto nel 1849.[149]
Con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana il 1º gennaio 1948 l'esilio di Umberto II di Savoia acquista forza di legge costituzionale, essendo previsto dal primo capoverso della XIII disposizione finale e transitoria, i cui effetti cessarono solo nel 2002 a seguito di una legge di revisione costituzionale. In numerose interviste Umberto fece trasparire la sua amara sorpresa per l'esilio che gli fu decretato per legge:
«La mia partenza dall'Italia doveva essere una lontananza di qualche tempo in attesa che le passioni si placassero. Poi pensavo di poter tornare per dare anch'io, umilmente e senza avallare turbamenti dell'ordine pubblico, il mio apporto all'opera di pacificazione e di ricostruzione.»
«Mai si parlò di esilio, da parte di nessuno. Né mai, io almeno, ci avevo pensato.»
Umberto II non abdicò e non rinunciò mai ai suoi diritti e continuò sempre a considerarsi un sovrano. In tale veste continuò a concedere titoli nobiliari e a nominare i componenti della Consulta dei senatori del Regno [151] .
Dopo il 1950 Umberto II di Savoia riprese l'esercizio della Regia prerogativa e, da allora, emanò numerosi provvedimenti nobiliari sia di grazia sia di giustizia, i cosiddetti "titoli nobiliari umbertini " [152] . I suddetti provvedimenti venivano predisposti a seguito di un'istruttoria svolta dal Segretario del re per l'araldica , nominato da Umberto II, in molti casi con la consulenza degli organi del Corpo della Nobiltà Italiana [153] .
Umberto II godette in vita del trattamento riservato ai Regnanti da varie monarchie europee , dalla Santa Sede e dal Sovrano Militare Ordine di Malta . I titoli nobiliari concessi da Umberto II durante l'esilio sono riconosciuti dal Sovrano Militare Ordine di Malta e dal Corpo della Nobiltà Italiana [154] .
Umberto II, considerandosi sempre sovrano non abdicatario e non colpito da debellatio, con atto del 20 gennaio 1955 invitò i Senatori del Regno a riprendere la loro attività sotto forma consultiva verso la nazione. Si costituì quindi il 5 giugno 1955, con l'approvazione di Umberto II, il "Gruppo dei Senatori del Regno" che si trasformò nel 1965 nella Consulta dei Senatori del Regno [151] .
L'unione con Maria José , già in crisi da lungo tempo, si incrinò definitivamente. L'ex regina lasciò ben presto il Portogallo per trasferirsi a Merlinge, nei pressi di Ginevra , con il piccolo Vittorio Emanuele . Con Umberto rimasero le tre figlie Maria Pia , Maria Gabriella e Maria Beatrice , che sovente furono oggetto di morbose attenzioni da parte della stampa popolare e in qualche caso fonte di ulteriori dispiaceri per il padre[155] . Gli anni successivi furono anche segnati dal conflitto famigliare col figlio Vittorio Emanuele , principalmente per motivi economici e per il contrastato matrimonio di Vittorio Emanuele con Marina Ricolfi Doria , mai approvato da Umberto.[156] [157] [158]
Nel suo quasi quarantennale esilio Umberto II svolse opera di aiuto e sostegno verso gli italiani indiscriminatamente, in occasione di bisogni personali o di eventi drammatici.[159] Si impegnò particolarmente per la causa della Venezia Giulia e dell'Istria , indirizzando numerosi messaggi di vicinanza agli istriani e ai giuliani e criticando il trattato di Osimo .[160]
Tramite suoi rappresentanti fu presente, anche come sponsor, a manifestazioni culturali, patriottiche o sociali. A Cascais ricevette decine di migliaia di italiani in visita e a tutti coloro che gli scrivevano rispondeva.[159] Appassionato collezionista, costituì un'importante collezione di cimeli sabaudi. Scrisse un vastissimo volume sulla medaglistica sabauda.[161]
A partire dal 1964 Umberto II subì una serie interventi chirurgici piuttosto invasivi, probabilmente a causa del tumore che dopo lunghe sofferenze fu la causa della sua morte, avvenuta a Ginevra alle 15:45 del 18 marzo 1983, in una clinica dove era stato trasferito pochi giorni prima da Londra , in un estremo quanto inutile tentativo di allungargli la vita. Al momento della fine era solo: un'infermiera, entrando nella stanza, si accorse del suo stato e gli prese la mano negli ultimi istanti di vita, mentre il morente Umberto mormorava la parola "Italia".[159] [162] [163]
Busto di Umberto II di Savoia sull'Altare della PatriaNel suo testamento Umberto lasciò al papa la Sindone di Torino , dal 1578 conservata nel duomo torinese a titolo di deposito; la legittimità di tale lascito testamentario è controversa e dibattuta, stante il tenore letterario del terzo comma della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione [164] , in cui è disposto che i beni presenti in Italia degli ex re di Casa Savoia siano avocati dallo Stato e in cui è sancita la nullità dei trasferimenti avvenuti successivamente alla celebrazione del referendum istituzionale del 2 giugno 1946.[165] [166]
Le spoglie dell'ultimo sovrano d'Italia riposano, per suo espresso volere, nell'abbazia di Altacomba a fianco di quelle del re Carlo Felice , nel dipartimento francese della Savoia dalla quale casa Savoia traeva le sue origini storiche.[167]
Abbazia di Altacomba : tomba di Umberto II e di Maria José .Al suo funerale , disertato dalle autorità italiane (con l'eccezione di Maurizio Moreno , console generale d'Italia a Lione , in rappresentanza del governo), parteciparono diecimila italiani che raggiunsero l'abbazia di Altacomba vicino ad Aix-les-Bains in Savoia .[167] La Rai non trasmise la diretta televisiva. Alle esequie erano presenti, oltre a membri di casa Savoia : Juan Carlos I di Spagna e Sofia di Grecia , Baldovino e Fabiola del Belgio , Giovanni di Lussemburgo e Giuseppina Carlotta del Belgio , il principe Ranieri di Monaco col figlio Alberto , il duca Edoardo di Kent in rappresentanza di Elisabetta II del Regno Unito , i re detronizzati Simeone II di Bulgaria , Michele I di Romania e Costantino II di Grecia , Ottone d'Asburgo-Lorena con il figlio Carlo d'Asburgo-Lorena , Ferdinando di Borbone delle Due Sicilie con il figlio Carlo , Enrico d'Orléans , Carlo Napoleone Bonaparte, Duarte Pio di Braganza del Portogallo e i rappresentanti di altre case già regnanti. La Santa Sede era rappresentata dal nunzio apostolico a Parigi .[167] I giocatori della Juventus , nella partita del 20 marzo contro il Pisa , portarono il segno del lutto al braccio: questa fu la sola manifestazione di cordoglio, resa pubblicamente in Italia al suo ultimo Re.[168]
Secondo una ricostruzione, Umberto volle che, nella propria bara, fosse riposto il sigillo reale , grosso timbro che si trasmette di generazione in generazione quale simbolo visibile della legittimità della successione dinastica e simbolo del gran maestro degli ordini cavallereschi di casa Savoia ; in tal modo, si ritiene che egli avrebbe inteso distinguere i suoi "eredi dinastici" da quelli "civili".[169] Tuttavia il nipote Emanuele Filiberto ha negato questo fatto, affermando che nella bara è stato posto l'anello con lo stemma, mentre il sigillo si trova in un ufficio dei Savoia a Ginevra .[170]
Umberto II è stato, dunque, l'ultimo Capo della Real Casa unanimemente riconosciuto: non avendo indicato espressamente un successore e alla luce dei contrasti con il figlio Vittorio Emanuele circa il suo matrimonio e la sua posizione in seno alla Casa reale, nacque la questione dinastica , ancor oggi irrisolta.
Genitori | Nonni | Bisnonni | Trisnonni | ||||||||||
Vittorio Emanuele II di Savoia | Carlo Alberto di Savoia | ||||||||||||
Maria Teresa d'Asburgo-Toscana | |||||||||||||
Umberto I di Savoia | |||||||||||||
Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena | Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena | ||||||||||||
Maria Elisabetta di Savoia-Carignano | |||||||||||||
Vittorio Emanuele III di Savoia | |||||||||||||
Ferdinando di Savoia-Genova | Carlo Alberto di Savoia | ||||||||||||
Maria Teresa d'Asburgo-Toscana | |||||||||||||
Margherita di Savoia | |||||||||||||
Elisabetta di Sassonia | Giovanni I di Sassonia | ||||||||||||
Amalia Augusta di Baviera | |||||||||||||
Umberto II di Savoia | |||||||||||||
Granduca Mirko Petrović-Njegoš | Stanko Petrović-Njegoš | ||||||||||||
Krstinja Vrbica | |||||||||||||
Nicola I del Montenegro | |||||||||||||
Anastasija Martinović | Drago Martinović | ||||||||||||
Stana Martinović | |||||||||||||
Elena del Montenegro | |||||||||||||
voivoda Petar Šćepanov Vukotić | serdar Stevan Perkov Vukotić | ||||||||||||
Stana Milić | |||||||||||||
Milena Vukotić | |||||||||||||
Jelena Vojvodić | Tadija Vojvodić | ||||||||||||
Milica Pavičević | |||||||||||||
Sua Maestà Umberto II, per grazia di Dio e volontà della Nazione,
Umberto II era il personaggio più titolato al mondo; seguivano, a gran distanza, la spagnola Duchessa d'Alba con 45 titoli nobiliari, la regina Elisabetta II del Regno Unito con 41 titoli, tre grandi famiglie napoletane con 36 titoli e Ranieri di Monaco con 24 titoli[178] .